Con Il tango delle Capinere Emma Dante restituisce umanità e morbidezza al suo teatro, narrando d’un amore comune e autentico, del suo fuoco e della sua tenerezza.
Da principio fu Ballarini, atto unico, stretto e intenso, mimico e danzato. Chiosa sentimentale ad effetto della Trilogia degli Occhiali. Per la regista Emma Dante, evidentemente, uno studio mai totalmente compiuto e maturo. Una sfida aperta sulla quale tornare a puntare l’ingegno, l’acume e l’estro. Puntini in sospeso su un nucleo drammaturgico che tuttavia permane, sopravvive e che la geniale regista amplia e riporta in scena. Prende forma in tal modo Il tango delle Capinere, con l’idea fondante ed ispiratrice a rimodellarsi e risorgere, organica eppur nuova, sul fil-rouge trainante della canzone omonima assurta a simbolo di questo spettacolo.
Il tango delle Capinere, dunque, con i suoi ritmi andalusi e le atmosfere tanghere, sostenuto dalla voce melodica ed il fraseggio nitido di Nilla Pizzi. Una canzone popolare d’altri tempi a spalancare le porte d’un emozione antica e densa di passione a raccordo imprescindibile d’un racconto sempiterno.
Due personaggi, protagonisti assoluti, si riaffacciano sul palco. La loro vita di coppia che vola su una linea del tempo a ritroso, tra ricordi che si fanno sprazzi di presente vivido e significativo.
Due anziani che tornano bambini, ripercorrendo l’essenza, ordinaria e specialissima, del loro ménage sentimentale. Fino a far coincidere la loro infanzia, la vita prima del loro incontro, con la morte. Come se nulla, effettivamente, possa esistere oltre al loro stare insieme.
Sono personaggi evidentemente cari ad Emma Dante; capaci di addolcire il suo indomabile e truculento stile, intenerire il suo sguardo di belva ferita, restituire umanità alla sua scrittura scenica. Il loro imperituro amore delineato con semplicità e spontaneità disarmante, è incarnato nelle membra energiche e magniloquenti di Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco, grandiosi attori, cardine e pietre d’angolo del teatro della geniale regista siciliana.
Il tango delle Capinere vive del congiungersi fisico di questi personaggi; del loro danzare coreografico e libero allo stesso tempo. Ed è impreziosito dal loro gesticolare, toccarsi, indicarsi, tirarsi, stringersi e coccolarsi.
L’intero corpus dello spettacolo ruota intorno alle loro movenze via via cangianti: turbolente e febbricitanti, frizzanti e carezzevoli, trepidanti e veementi. Un’espressività fisica che elude le maschere emaciate dell’anzianità e salendo sino ai muscoli del volto dei due attori, rossi di sangue e fiato, ne caratterizza (a)simmetrica e pittoresca, le fisionomie.
Il tutto mentre la musica, sulle note più popolari di Rita Pavone, Gianni Morandi, Bobby Solo o Edoardo Vianello, addensa la scena e diviene cooprotagonista del plot, recitazione onnisciente, e non semplice commento sonoro. La parola è diluita, asciugata; alla consuetudine del testo si lascia solo qualche spiraglio leggero e sorridente, o un soave aggancio poetico.
L’intorno si struttura in un caos preciso di stoffe larghe, fluttuanti, luminose di paillette e dai colori in netto contrasto, nonché di piccoli oggetti di scena (una bottiglia di spumante, bevuta in un vortice di euforia, che scivola lungo il proscenio e cade in platea portando la realtà della scena alla ribalta del pubblico).
Gli abiti per la regista sono parte del mutamento emotivo-psicologico dei personaggi; essi si ritrovano, al termine dell’atto, raccolti sulla scena come pennellate d’un insieme vivido ed armonico. Traccia fresca del passaggio di due vite. L’omaggio, possibile, di Emma Dante ai suoi amati personaggi; il primo di cuore, così palesemente esibito.
Le luci (curate da Cristian Zucaro) sono quelle di un cielo stellato promesso e delle mille stelle dell’ebrezza; delle stelline fiammeggianti d’una festa unica e indimenticabile e delle stelle d’un destino, segnato dal solco benevolo dell’amore.
Il tango delle Capinere è l’opera in cui Emma Dante lascia andare, per un momento, Emma Dante. Lo fa con slancio, senza timori, onde restituire al pubblico qualcosa di ben più intimo, delicato ed universale. Pura arte ma verso un orizzonte inverso, luminoso, rinnovato. Non più solo Ballarini, adesso personaggi eternati… finalmente compiuti.