Prosegue l’Anteprima di “Scena Nostra” (che sarà la rassegna perenne del teatro contemporaneo siciliano dal 2019) presso lo Spazio Franco dei cantieri culturali della Zisa. Il secondo dei 6 spettacoli previsti, “Con tutto il mio Amare”, vanta tra scena e drammaturgia il riconosciuto talento di Gabriele Cicirello.
“Con tutto il Amare” ovvero il senso di una intera drammaturgia che si annida, profondo e intimo, in un titolo. Amare, come nella voce del verbo, all’infinito, e dunque totalmente senza mai trascendere e transigere. Quell’amare del popolo, vivido e verace, che non conosce regole e casistiche, ma solo la forza trascinante del proprio sentimento. Quell’amare, mai sopito, della signora Piera Maggio per la figlioletta Denise Pipitone, svanita nel nulla a Mazzara del Vallo il 1 settembre del 2004. Nel dramma di un rapimento insoluto, l’ispirazione, insieme intensa e sofferta, del talentoso Gabriele Cicirello.
Sulla triste cronaca di codesta bimba, di appena 4 anni mai ritornata all’amare di sua madre, Cicirello forgia una drammaturgia dall’assunto fiabesco, carica di emotività, colorita e bonaria, sorniona, leggiadra e funerea. Il tutto si profonde in un linguaggio modesto, poco colto e assai caratterizzante, inanellato al ritmo tortuoso e significante del dialetto palermitano a sua volta reso testo poetico, corposo, talvolta finanche ridondante. Ne capovolge, poi, il punto di vista, ne fa vicenda d’amare paterno, con tutti i suoi limiti, i timori, l’irremovibile istinto di protezione, l’immenso ardore.
Marta ha desiderato una figlia con tutta se stessa, fino a morirne. Come nell’incipit di una favola, madre e martire per volontà. Il marito Alfredo e la piccola Rosalia vivono, da allora, nella reciproca ed esclusiva simbiosi del loro amare. Un cerchio chiuso, d’affetto eterno. Fino a una tragica domenica mattina d’estate, sulla spiaggia di Mondello, quando il fato inquieto e funesto non li divide.
Vita e al di là, per Cicirello, sono stanze contigue sempre abitate. Luoghi gelidi, che si espandono per poi collassare repentini. Spazi del trauma e della disperazione che dialogano, inarrestabili. Così Marta con Alfredo, spirito e carne, in un fluido confrontarsi domestico. Esperienza quotidiana dei monologhi dell’assenza , dei rifuggi consolatori dal magma della solitudine. Periodare del siculo animismo, in tutta la sua lirica solennità popolare. Dopotutto è l’ultimo anelito dell’esistere, che elargisce calore; la pratica e l’appiglio dell’amare. Si dipinge una atmosfera rosso ruggine, eco lontano di pomeriggi immobili, e su esso si apre l’intercapedine evanescente della piccola Rosalia.
Rosalia, come la santuzza patrona di Palermo, un nome che evoca l’effluivo soave delle rose di Maggio. Anima delicata e smarrita, nonché incarnazione isterica in una snodata e tenera bambola di pezza. Sublimata essenza coreutica, nella quale si immedesima il vigore del ricordo e prorompono le fervide immaginazioni del concreto. Rosalia del cuore, che ha lasciato sulla terra, in un messaggio d’amare per il suo adorato papà.
E Alfredo, che si lascia tormentare nell’implacabile morsa di un lutto mai elaborato, della colpa e del rimorso. Alfredo che sogna di ghermire ancora una luce, una riposta pacificatrice. Personaggio docile, d’un mai dimenticato ciclo dei vinti. Nella attorialità comunicativa di Gabriele Cicirello è un uomo esile, mite e garbato, dallo sguardo d’abisso.
La messa in scena si fregia di una gestualità lenta, ampia, spinta al massimo grado dell’espressività di significato. Un tale pregevole disegno di gesti deborda in eloquenti composizioni corporee accentuatamente ludiche, fluttuanti, coreografiche, traino filtro e completamento della pièce.
Sulla scena, insieme a Gabriele Cicirello, l’attrice Valeria Sara Lo Bue nel ruolo di Marta. Viso affilato, sguardo amorevole benché distaccato forse perché assorto in un denso e ineludibile fatalismo. Vocalità appuntita su un registro gutturale, la Lo Bue porta avanti un’interpretazione prodiga di saggezza, compresenza e carattere. La danzatrice Federica Aloisio, nel ruolo di Rosalia, fa del suo corpo energico, dei balzi ammantati di classico, e delle spiarli del capo dai lunghi capelli, una fulminea e poderosa compenetrazione muta della bimba e del suo ovattato svanire.
Gabriele Cicirello si conferma quale astro nascente della drammaturgia e portento in divenire del palcoscenico. “Con tutto il mio Amare” mostra di aver bene meritato la menzione speciale al Premio Città Laboratorio (per Palermo Capitale dei giovani 2017), che ne ha suggellato il debutto alle Orestiadi di Gibellina. “Spazio Franco” gremito per la prima del 16 novembre, ha visto un pubblico coinvolto ed emozionato, letteralmente pendente dalle labbra del Cicirello. Sul finire, applausi fragorosi per gli artisti sul palco nonché all’uscita dal teatro.