Il Pirata, opera musicata da un appena ventiseienne Vincenzo Bellini, torna sulla scena del teatro Massimo Palermo dopo una assenza lunga 63 anni. Al contempo, con l’allentarsi delle restrizioni necessarie al contenimento della pandemia da Covid19, la sala del Basile è tornata a riempirsi al 100% della sua capienza. La Prima del 15 ottobre 2021 si è dunque svolta in una generale atmosfera di festa.
Alla Scala il Pirata aveva debuttato nel 1827 e a mezzo di codesto titolo il catanese Vincenzo Bellini aveva conosciuto il suo primo successo internazionale. Al melodramma in due atti, su libretto di Felice Romani, erano stati elargiti apprezzamenti unanimi ed una fortuna critica senza pari ne aveva sostenuto le repliche. L’Opera era infine caduta nell’oblio allorquando incapace di competere, nel cuore e nei gusti del pubblico, con le successive Norma e la Sonnambula.
Nel 1935, in occasione del centenario dalla morte di Vincenzo Bellini, a riesumare Il Pirata in un unica preziosa replica al teatro Massimo di Palermo fu il magnifico Beniamino Gigli.
Il Pirata approdò poi ancora sulla scena Massimina, nel 1958; le recite palermitane a fungere da spartiacque per la clamorosa ribalta sul palcoscenico de La Scala di Milano, con Maria Callas a guidarne il recupero nel repertorio nazionale (dopo oltre un secolo di assenza).
L’ultima incursione de II Pirata a Palermo è datata 1986, presso il teatro Politeama (mentre il Massimo versava chiuso e preda di Cosa Nostra), con Salvatore Fisichella nella parte di Gualtiero.
La composizione concepita dal Bellini per Il Pirata risulta assai piacevole e coinvolgente all’ascolto. La partitura orchestrale, maestra e premonitrice, sperimenta linee e incastri melodici che diverranno poi cifra e vanto Donizettiane e financo Verdiane.
A dar forma a tanto costrutto, fluido, originale e anticipatore, l’orchestra Massimina diretta con dovizia del particolare (in tonalità, stile e colori della musica) dal direttore Francesco Lanzillotta.
Dal punto di vista lirico canoro, Il Pirata sfoggia tutta la sua bellezza in una profusa, manifesta, generale complessità d’esecuzione. Il corpus dell’Opera è disseminato, nei ruoli dei solisti, di melismi, sovracuti, gorgheggi, armonizzazioni e infiorettature che lo rendono se non ostico, davvero molto impegnativo.
Protagonisti della vicenda, il pirata Gualtiero, la bella Imogene ed il duca Ernesto. Tenore e baritono che, senza esclusione di colpi, si contendono la soprano, un triangolo classico.
A dar fiato all’ardimentoso Gualtiero, pirata per necessità, il tenore spagnolo Celso Albelo, Vocalità limpida, su un registro svettante e volitivo congiunto, talvolta, a svirgolate di carattere, all’ Albelo non manca, altresì, la malleabilità da patetismo lirico come nella cabaletta finale “Ma non fia sempre odiata la mia memoria”.
La soprano palermitana Roberta Mantegna, nel ruolo della virtuosa Imogene, raccorda la sua vocalità bruna, rotonda ma agilissima nel vocalizzo (mai lezioso) ad un buon fraseggio permeato da una centrata espressività attoriale. Dote quest’ultima lampante, nella stretta finale del primo atto “tremo, avvampo, gelo ed ardo” con la figura di Imogene scossa da un intimo tumulto, tremante da stringersi le mani al petto e accalorata da strapparsi di dosso il nero soprabito.
La vocalità profusa dal baritono Vittorio Prato, per il ruolo del duca Ernesto, si pone su un range roco, oscuro perfettamente adatto al racconto del personaggio, nobile prepotente e arrivista. Il canto di Prato, pur ricco parimenti di tortuosi melismi, spesso funge da solido sostegno, e cassa armonica, ai ricami altisonanti delle voci comprimarie. Così nel duetto dolente con Imogene “Ah! lo sento: fra poco disciolta fia quest’alma”– “Ah,lo veggo: per sempre m’è tolta ogni speme”.
La prua di una nave, che punta al cielo ma resta come incagliata sugli scogli; le vele insozzate di sangue ed ingiallite dal sole e le cime intrecciate e nodose dell’imbarcazione. Pochi elementi scenici marinareschi, quelli pensati da Ugo Giacomazzi, bastanti a render fisica l’idea dell’ineluttabile, d’un destino avverso che grava sui protagonisti.
La prua della nave come un dardo d’amore spezzato. Le vele che si espandono minacciose come magma ematico sui tre protagonisti o si levano alte su Imogene, non per condurla leggera fuori dalla tragedia, ma per incombere definitive sul suo senno compromesso come un lugubre baldacchino di sepoltura.
Così la scenografia e la regia di Luigi Di Gangi si concentrano su un’unica via battuta, quella dell’impossibilità per Imogene e Gualtiero di seguire la via naturale che comanda il cuore. Due personaggi sviati, assoggettati ad eventi e strade dell’esistenza mai davvero desiderati. Uno stato in essere che meglio lascia percepisce il contrasto netto tra la gestualità nobile e sostenuta del pirata Gualtiero e lo scorribandare avvinazzato, sguaiato e sanguigno dei suoi compagni pirati.
Due storie, quelle di Gualtiero ed Imogene, strappate alla gioia ed il cui immenso dramma va a raccogliersi intorno alla figura dell’aitante e vigoroso duca Ernesto, al suo primo impattante apparire, fiero, sprezzante e muscolare, di ritorno dalle vittorie sulle navi corsare.
Il Pirata è stato accolto con eccezionale calore da tutto il pubblico del teatro, tra una pioggia di applausi a scena aperta. E si auspica che un tale gioiellino non si perda più tra i meandri, a volte ciechi, dei teatri lirici nazionali.
Alla Prima hanno assistito, attenti e colmi di stupore, anche 120 studenti Erasmus provenienti da Polonia, Lituania, Spagna, Germania, Francia, Portogallo e Romania, iscritti all’Erasmus Student Network che sono stati accolti dal Sindaco Orlando, dal Rettore Micari e dal Sovrintendente Giambrone, in virtù di una partnership con l’Università di Palermo che prosegue da anni.
Con questo spettacolo prende il via il progetto “Utopia pirata”, che il Teatro Massimo dedica ai giovani e che inizia un percorso di approfondimento sulle relazioni e le riflessioni che uniscono il mondo dell’Arte e quello della Politica. Domani, lunedì 18 ottobre alle 17.30, sul palcoscenico del Teatro Massimo, tra le scenografie e gli allestimenti dello spettacolo, i giovani iscritti dialogheranno e si confronteranno con i registi, gli scenografi, i musicisti e alcuni attivisti politici, per riflettere sull’attualità dei temi proposti dall’opera e il significato che assumono nella società e nell’arte contemporanea.