Enzo Cosimi, coreografo di fama internazionale regala alla suggestione ventosa e panoramica del teatro greco di Segesta le sue Coefore Rock n’Roll. Lo spettacolo si configura come la terza tappa dell’ardimentoso progetto coreo teatrale Oresta: trilogia della vendetta.
La tragedia di Eschilo, Le Coefore, è nota. Oreste torna dall’esilio a cui è stato condannato da bambino e, ritrovata la sorella Elettra, uccide la madre Clitennestra e il suo amante Egisto, colpevoli di aver assassinato suo padre il Re Agamennone. Potere, multiformi affetti e pulsioni, deflagrano in una voluta, irrefrenabile vendetta. Ed è in tale vendetta, nelle sue pieghe e veementi ragioni, che si immergono il coreografo Enzo Cosimi coadiuvato dalla drammaturga Maria Paola Zedda.
Cosimi edifica una performance ove tale vendetta, cardine classico della tragedia, si riversa sui corpi di 4 danzatori. Essa genera una coreografia tanto tumultuosa quanto organizzata e rifinita (per ritmi, stilemi e sequenze) e fortemente iconica. Strabordano i termini propri alla danza intellegibile, un sostrato rituale permea la mise en dance attraverso veri e propri assoli tecno-rock sperimentali sospinti in scena dalla figura sradicata della strumentista e dj Lady Maru. Divengono Coefore Rock n’Roll.
Echeggiano suggestive, già lungo il sentiero che conduce alla cavea, percussioni tribali amplificate. Il semicerchio del teatro antico sprofonda in un vuoto bianco candido sul quale si muovono silenziose e lente 4 figure incappucciate e ammantate di nero.
I quattro danzatori di Cosimi svestendosi delle vesti oscure, uno ad uno, rivelano la propria identità. Alice Raffaelli, la danzatrice bionda, feticcio imprescindibile del coreografo, rivela la natura irrequieta e ferina d’una Elettra, principessa implacabile. Raffaelli agita furiosamente la testa, mantenendo il corpo saldo e sferzando l’aria con i capelli poi, inginocchiatasi e volgendo lo sguardo smarrito al cielo, disegna cerchi concentrici con le braccia.
Subito dopo di lei Roberta Racis, la regina Clitennestra. L’imperiosa danzatrice dai capelli neri e lo sguardo profondo, si muove sinuosa in un onda lunga dalle ginocchia, alla schiena e la spina dorsale, sino alla testa. Anche i lunghi capelli lisci seguono la stessa linea ondula di movimento. Poi si profonde, in un ampio manège di pirouettes sulle ginocchia.
Elettra nel suo oblungo e avvolgente manto sovrasta la madre Clitennestra. La regina assassina, spuria e fedifraga, è dipinta assisa con lasciva divistica nella sua ampia gonna strascicata. Le due donne si coprono di manti regali, dal fascino minoico.
Accanto a Elettra e Clitennestra, Oreste, giovane e uomo. Due danzatori, lo stesso personaggio. Due fisici: uno agile e magrissimo, Luca Della Corte, uno possente e vigoroso, Francesco Saverio Cavaliere. Due personalità, in netto e continuo contrasto dialogico.
Luca Della Corte, altro danzatore prediletto di Cosimi, si muove in orizzontale in perfetti tour attitude en dedans. Si leva, poi, in sospensioni aeree poderose e leggerissime che irradiano le braccia dal plesso solare al cielo, mentre le gambe si contraggono in plié contro il busto, quasi a sfuggire la gravità. Allo stesso tempo, piombando a terra si inerpica, sull’omero ossuto, in una ferma e vertiginosa verticale.
Il moro dal profilo greco Francesco Saverio Cavaliere, riempie invece la scena del suo fisico tonico e muscoloso. Il danzatore squarcia la sua figura a mezzo di violenti battement che si tramutano in puntuti tendu con il piede che, come una lama tagliente, fende l’aria sino al pavimento, nonché di mezze pirouette en dehors trasportate e direzionate in rabbioso crescendo dalle sue cosce poderose.
Cavaliere esplica una danza aggressiva e diretta che si lega all’esecuzione di Della Corte per fagocitarne la morbidezza obliqua, sottrarle l’esplosione esitante. Conferirle, per osmosi, una determinazione convulsa che sarà poi propria a quella vendetta di cui sopra.
I quattro personaggi danzano poi, con movimenti studiati e precisi e all’unisono, gli uni dinnanzi gli altri. Sembrano rifrazioni di neuroni specchio intorno ad una chitarra elettrica, cuore pulsante d’un solo io, dal volume roboante e la sonorità distorta.
La parola poetica inflessibile e senza requie, declamata da una voce femminile fuoricampo, quella intensa e volitiva di Elettra principessa degli Atridi campeggia sulla figura algida, in scarpette da punta, di Clitennestra. La regina spartana, appare come un uccello notturno dalle estese fosche ali conficcate, di spine e arbusti. La poesia che si configge, tenebrosa e solenne, nella danza.
Allo stesso tempo, ad attorniare la Clitennestra in quinta posizione en pointe, come Kuroi dalle pose stilizzate ed eroiche i due Oreste. La danza come architettura d’un tempio, che si prefigge di configurare un senso drammaturgico coerente.
I 4 corpi dei danzatori collassano poi su se stessi, coperti come da sudari, le donne dei loro manti regali sgargianti gli uomini di manti dalle sfumature ben più rurali e dall’aspetto grezzo. Per le donne la regalità è segno di distinzione e di fato, di Oreste è invece sottolineata la natura istintiva e terrena, quella che sottende la collera e il dubbio. Galoppano poi sulla scena, concentricamente, in fila indiana e suddivisi ancora per genere (maschi e femmine) frammentando l’unitarietà della scena.
Il finale è enorme, stratificato. Ed ha inizio su un tempo funereo di marcia che, battuto dai piedi dei danzatori, si trascina sul tappeto sonoro d’un verso mostruoso ed indistinto. I manti che hanno accompagnato la performance, vengono poi disposti dai danzatori a formare un largo altare.
Su tale altare, una figura in nero dalla maschera d’acciaio, segnerà di rosso i volti dei 4 ballerini. È la foga ultima del sangue che, dapprima statica e inespressiva, dilaga nella febbricitante improvvisazione del rituale post-moderno e caotico d’un rave party, incalzato da una martellante e ipnotica tecno-house music. Nuovo cuore pulsante di tale momento, una minimale console orchestrata dalla stessa figura dal volto d’acciaio.
I 4 danzatori infine si ricongiungono, in un quadrato stretto, come risucchiati dallo stesso limbo d’odio. Sui loro volti, si disegnano espressioni grottesche e satireggianti di stizza, di avversione, di dolore.
Una lode doverosa e assoluta, largamente elargita in applausi e “bravo” dall’intero pubblico della cavea, va rivolta ai 4 magnifici e versatili danzatori che hanno preso parte alle Coefore Rock n’Roll.
Enzo Cosimi si conferma artista e coreografo dalla genialità e l’ispirazione ricche e complesse. In questo spettacolo sfugge, finalmente, alla sua mai troppo celata passione per la violenza esibita. Sarà il rispetto per l’antica arte della tragedia che le violenze voleva che venissero solo narrate, mai mostrate in scena.
Riesce invece a restituire delle Coefore l’irreversibile, l’irrisolto, l’iroso, l’incomunicabile. Lo fa non solo con la danza ma con ogni altro mezzo a sua disposizione, come ad esempio i rassicuranti peluche che grandinano sulla scena, simbolo d’una vita familiare armoniosa mai realmente conosciuta.
Coefore Rock n’Roll è uno spettacolo pieno, che non annoia, perché sempre mutante e dunque portatore di visioni alternative, differenti da sguardo a sguardo, insolite e inaspettate. Va altrimenti annotato però che analizzare le mise en dance di Cosimi non sia mai troppo agevole. Tante volte egli resta abbarbicato al di là d’un suo pensiero, che per tanti (molti) può risultare, impervio, inespugnabile.