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Chiudi gli occhi, un dramma dalle venature erotiche inattese

Un “quasi-thriller” che si compenetra nella protagonista non vedente. Chiudi gli occhi si addentra pure in una specie di romanticismo malato.

All I See Is You, USA/Thailandia, 2016  di Marc Forster con Blake Lively, Jason Clarke, Ahna O’Reilly, Miquel Fernández, Danny Huston, Kaitlin Orem, Wes Chatham, Xavi Sánchez

Perlopiù maltrattata, la recente fatica dell’eclettico Forster (Monster’s Ball, Neverland, Stay, Vero come la finzione, Il cacciatore di aquiloni, Quantum of Solace, nonché il passo falso World War Z) è venduta in guisa di thriller, ma è più un dramma con venature erotiche inattese, tracciate non proprio a sproposito.

Gli si possono imputare la vagamente pretestuosa, frettolosamente giustificata – eppur non sprecata – ambientazione thailandese-spagnola (doveri di co-produzione), approssimazioni psicologiche e dell’esibizionismo stilistico, non la rinuncia a una ricerca visiva (costante e condotta di pari passo con gli sviluppi della trama) che trasmette le percezioni della protagonista Gina (Lively), cieca fin da ragazzina a causa di un incidente stradale in cui perirono i suoi genitori.

Il dr. Huston le ridà speranza per il (parziale) recupero della retina destra, e l’intervento pare riuscire, per la gioia sua e del premuroso (ma – ci si domanda subito – quanto sincero?) marito James (Clarke, notevole). Tacendo sull’assenza di bende, protezioni, occhiali durante il – si presume delicatissimo – decorso post-operatorio, la (ri)scoperta del mondo da parte della giovane donna passa da un meraviglioso viaggio in Catalogna, nei luoghi del suo trauma fisico e non solo e del viaggio di nozze non goduto appieno, dove peraltro sta la sorella Carla (O’Reilly) con il sanguigno consorte Ramón (Fernández).

La possessività del compagno scelto per la vita emerge piano e si manifesta con sommessa crudeltà. Con cicogne e finale soppesato.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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