Ha debuttato mercoledì sera al teatro Biondo Stabile di Palermo, in un’ emozionata Prima assoluta, “la pièce velata di musica” dal titolo C’era un piano .
Nata da un’idea originale di Olivia Sellerio, “C’era un piano” è stata scritta a quattro mani con lo scrittore e musicista Nino Vetri; si tratta di una drammaturgia che oscilla tra i mesti detriti palermitani della Seconda Guerra Mondiale e le vicende umane, dai chiaroscuri dolenti e le malinconie Belle Époque, di Maria Vullo, prozia nubile di Olivia e zia di sua madre la celebre e stimatissima editrice Elvira Giorgianni Sellerio.
Al centro degli eventi, parente immortale e prezioso cimelio, un pianoforte a parete Blüthner di proprietà di Maria, che ne era anche insegnante. Lo strumento musicale è protagonista vivo del divenire della famiglia, del suo allargarsi ad aitanti cognati e nipotini allegri e curiosi, del suo peregrinare, implodere e ritornare. Ma C’era un Piano non si risolve in una mera saga familiare; è infatti sul termine Piano che la drammaturgia assume una valenza fortemente “transitiva”: Piano è lo strumento del sollazzo musicale della famiglia Vullo, quando è suonato dalla signorina Maria con virtuosismi vari dinnanzi alle finestre aperte della casa di via Archimede, ma Piano è anche quello degli alleati anglo-americani, inteso come furiosa strategia bellica ad opera di bombardamenti aerei, atta a stremare la popolazione civile siciliana onde guadagnare in tal modo, con la forza, l’epiteto di liberatori dal fascio. Un filo rosso sangue, dunque, par legare l’intimità del focolare di casa Vullo al via vai delle strade cittadine; la quotidianità sognante e dedita all’arte della prozia Maria, e quella di tutti i suoi cari, è sconquassata dal fragore impietoso delle bombe franco-anglo-americane, così come allo stesso tempo l’esistenza dell’accordatore (suo platonico amore adolescenziale), dell’operaio del porto, del soldato, dell’uomo comune è sferzata e dilaniata dalla violenza della medesima offensiva che spadroneggia sulla Sicilia intera. Il Pianoforte di casa Vullo incontra una bomba, la vede attraversare e sventrare la palazzina di via Archimede, ne resta miracolosamente intonso nella sua ubicazione rasente una parete e su un lembo di pavimento ridotto a fragile ballatoio. Il Piano si fa testimone pulsante del triste compromettersi di Palermo sotto il giogo dell’alleanza di ferro e del suo progressivo sfiorire in una realtà fatta di angoscia, fughe e musica negata.
E sulla scena proprio la musica, nel suo repertorio più popolare e internazionale, la fa da padrone: con Olivia Sellerio e la sua band -formata da Roberto Gervasi (fisarmonica), Lino Costa (chitarra), Paolo Pellegrino (violoncello), Alessandro Venza (chitarra e percussioni)- intenti a disegnare lungo tutta una parabola di canzoni, melodie e variazioni su tema, una teoria dei fatti, una psicologia delle circostanze, una redenzione delle anime vinte. La scenografia si compone di mobilio da salotto borghese apparato in un dedalo di bauli e valigie; l’atmosfera è pregna di familiarità, l’odore è di presepe ma l’ambientazione è quella di un non luogo al limitare tra l’anticamera, predisposta all’attesa per l’imbarco su un transatlantico, e il punto di raccolta di un campo sfollati, tra macerie e miseri resti di una vita.
La valente piéce vanta la regia fortemente figurativa ed evocativa di Gigi Borruso, coadiuvato nella creatività e nell’organizzazione dalla giovane e promettente Valentina Tilotta. L’attrice Simona Malato, ci restituisce una Prozia Vullo (nel suo abito bigio e solo accenatamente vezzoso, in perfetto stile anni ’40) dalla indefessa autocoscienza, altruista e determinata; la sua recitazione permea di angoscioso, arguto e patetico il flusso di coscienza che caratterizza la prosa del suo personaggio. Gigi Borruso, qui anche nella veste di attore, fa alla Malato da brillante controcanto e accorata voce narrante al maschile. Il testo che, è stato reso noto, nella versione manoscritta è ben più esteso, per le esigenze della scena è stato accorciato e rimaneggiato, ciò sembra aver reso monco il dramma nel suo risultato finale; la vita del Piano è continuata, questo è presente e funzionante sul palcoscenico, ed ha dato conforto, sostegno e insegnamento alle generazioni della famiglia che sono seguite. Forse, però, Olivia Sellerio con il suo sfiorare i tasti del Blüthner, in punta di finale, nel momento di maggiore emozione ed emotività della messa in scena, sembra riesca a riagganciarsi in un unico delicato istante al discorso troncato, aggiungendo al passato qualcosa del suo affascinante presente e propositivo futuro.
C’era un Piano resterà in scena fino a domenica 17 Aprile, presso il teatro Biondo Stabile di Palermo
Da un’idea di Olivia Sellerio; testi di Olivia Sellerio e Nino Vetri; regia Gigi Borruso; scene, costumi, luci e video Ferruccio Bigi; canta Olivia Sellerio e con Gigi Borruso, Simona Malato.