Accompagnata dalla valente compagnia Balletto del Sud, Carla Fracci incanta l’Arena delle Rose di Castellamare del Golfo. Applausi copiosi per la regina della danza mondiale alla soglia degli ottant’anni.
Una fiabesca notte stellata nelle remote e misteriose lande d’Arabia, si dischiude alla fantasia del pubblico dell’Arena delle Rose di Castellammare del Golfo. E’ la serata di “Shéhérazade e le mille e Una notte”, balletto in un atto e cinque quadri ispirato a quei fascinosi racconti patrimonio della cultura persiana tradotti, per gli aristocratici lettori francesi, da Antoine Galland nel 1701. A dar vita e passionalità a queste storie immortali la compagnia Balletto del Sud sapientemente coreografata da Fredy Franzutti. Ad impreziosire la serata la grande prima ballerina assoluta e mito vivente della danza classica internazionale, Carla Fracci.
Shéhérazade è un’astuta principessa cantastorie, ma in questo spettacolo si manifesta solamente quale suadente e ammaliante voce nella mente di un sultano truce e prepotente. Ella narra, veicola l’attenzione sull’immaginazione, placa il di lui irruento animo, lo rapisce e lo costringe all’emozione. E’ la voce del subconscio, nel farsi teatrale degli intermezzi si incarna nell’attore Andrea Sirianni.
L’evolversi del balletto è fluido e ciò lo rende appassionante e facilmente fruibile; sull’evocativo collage di musiche di Nicolaj Rimskij-Korsakov la composizione amalgama articolati e originali disegni coreografici d’ensemble a pas de deux d’estetica romantica e pone quasi in antitesi pas de trois di fattura ottocentesca ad altrettanti pas de trois densi di sinuosità ed inaspettati acrobatismi. Pirouette, piccole batterie, manege, fouette, spettacolari grandi salti tutto è calibrato e studiato nei minimi dettagli sebbene, di tanto in tanto, un tour en l’air di troppo sembra costringa un pò l’originalità della creatività coreutica al maschile. L’esecuzione tecnica del corpo di ballo e dei sujet è nella sua totalità ottima, se si tralascia qualche risibile sbavatura o imperfezione. La forma fisica dei danzatori è semplicemente invidiabile.
La trama cardine segue il peregrinare dell’impavido marinaio Simbad, che ruba l’occhio della dea Kalì -un rubino prodigioso- e fugge dai flutti leggiadri e dalle spire mortali della regina Thalassa, ovvero l’immenso mare, verso l’antica città di Palmira. L’eroico portamento del danzatore Carlos Montalvan duetta e duella con la sublime Arte della nostra Carla Fracci; la prima ballerina assoluta, alle porte degli ottanta anni, esibisce una pantomima dalle mille sfumature drammaturgiche e non lesina impegno e fervore nè all’interazione coreutica nè ai tecnicismi accademici. La si può ammirare, ancor aggraziata, eseguire développé e attitude en avant, librarsi con allure da vera regina tra i mille lift dei suoi porter, volteggiare in imperiosi soutenu per poi congiungere se stessa al personaggio sulla scena in un lirico assolo di port de bras e piccoli arabesque che richiamano alla mente la poeticità della sua indimenticabile Sylphide. La classe e il carisma di Carla Fracci non si mettono in discussione; in ogni suo gesto, sguardo e passo alberga un parte importante della storia della danza mondiale.
Al succedersi dei quadri danzanti si fanno avanti, tra le nebbie e le luci del meraviglioso viaggio di Simbad nel fantasmagorico mondo d’Oriente, personaggi celebri e amatissimi come nell’atto delle nozze nel balletto “La bella addormentata” di Petipa: si assiste alla caccia dell’arciere Mansur (Alexander Yakovlev) all’uccello dalle piume d’oro Antar (Ciro Iorio), si soffre per l’amor perduto e inconsapevolmente ritrovato della bella odalisca Zobeide (la longilinea e sublime Nuria Salado Fustè) con il suo prode corsaro Hassan (l’imponente Alessandro De Ceglia), ci si lascia incantare dalla storia di Aladino (il guizzante Stefano Sacco)dei geni della lampada magica e delle tre virtù che gli donarono. Infine, il loro mero esistere naufraga in un grandioso crescendo di vorticose danze, come nella migliore delle tradizioni del Grand Ballet, travolte dalle onde e le correnti di Thalassa.
La serata si è protratta nella magia delle emozioni che solo la danza sa regalare; è questa un’arte nobile, bellissima e piena d’attrattiva, benché nel decalogo delle arti sia la più fragile. Tuttavia, sebbene in apertura lo stesso Franzutti, il coreografo, abbia gentilmente chiesto al pubblico di conservare un atteggiamento decoroso e atto a non arrecare disturbo agli altri non sono mancati incresciosi momenti d’imbarazzo causati dal poco interesse e dalla scarsa serietà, sobrietà ed educazione di alcune persone (un ristrettissimo numero, per fortuna, dell’umanità). Al termine dello spettacolo, comunque, il trionfo è stato totale; Franzutti e tutta la sua valente compagnia sono stati applauditi con grande trasporto. Una sentita ovazione ha accolto Carla Fracci sul palcoscenico per la riverenza finale. Quindici minuti di applausi hanno omaggiato la regina della danza; tra uno sfarfallio di flash l’artista ha ricevuto tre mazzi di fiori e, sorridendo amabilmente, si è inchinata al pubblico con signorile riconoscenza.