Bianco su Bianco, da un’idea originale del regista svizzero Daniele Finzi Pasca, debutta al teatro Biondo di Palermo. Sulla scena la vita e l’amore raccontate con leggiadra intensità da due eclettici giovani e ammirevoli artisti. Uno spettacolo all’insegna della sincerità e di uno slancio pregno di positività.
Debutta al teatro Biondo di Palermo, grazie alla lungimiranza del sovrintendente Roberto Alajmo, Bianco su Bianco fascinoso spettacolo metafisico del regista ticinese Daniele Finzi Pasca.
E’ una produzione nota, che ha girato il mondo. Tra le tappe della sua tournée può vantare, oltre alla Svizzera e all’Italia, anche la Francia, la Spagna, il Portogallo, il Brasile, il Canada, l’Olanda, la Russia e la Romania. E’ uno spettacolo dall’anima cosmopolita (attori e mattatori sono una brasiliana ed un olandese) e dall’artisticità spiccata e armoniosa. Un gioiellino di scrittura, immedesimazione e attuazione.
Sul palcoscenico domina una rigogliosa foresta di bianche luci calde (lampadine con fili pensili e a piedistallo), dalle quali si resta letteralmente abbagliati e incantati. Un colpo d’occhio, ma anche una componente viva e in grado di interagire compiutamente con i due attori. Un cangiante cielo stellato, mai lasciato inerte come un mero complemento d’estetica.
La luce è la vera coprotagonista dello spettacolo. La soubrette e l’orchestra, la suggestione sonora che diviene visiva. Una luce che ci tiene a dir la sua. Luci piccole che spariscono nelle prepotenti illuminazioni policrome al neon retrostanti, ma poi tornano a risorgere e farsi immense.
Con la luce e nella luce, si esibiscono Helena Bittencourt e Goos Meeuwsen. Poliedrici straordinari performer, lirici guitti contemporanei. Sono loro ad incarnare Ruggero ed Elena, i protagonisti della pièce, così com’è scritta dal Finzi Pasca.
La trama di Bianco su Bianco si dipana a partire dalla vita di Ruggero, ragazzino fragile e introverso cresciuto in un ambiente familiare gretto e ostile. Questi, dopo la prematura morte del padre naturale, si affida alle cure amorevoli e disinteressate del suo allenatore sportivo. L’uomo diviene il suo padre putativo, e fornisce lui gli strumenti morali etici e psicologici per crescere e migliorarsi.
Alla vita s’intreccia l’amore. Così il nostro Ruggero s’innamora della bella e limpida Elena, conosciuta in un bar al suono di un juke boxe. La loro è dipinta come una relazione romantica, piena di positività e speranza. Un amore forte e vero capace di trascendere anche la malattia che, come un fulmine a ciel sereno, colpirà Elena.
Ruggero, per la sua dolce metà in difficoltà, darà vita ad un immaginifico universo parallelo popolato da personaggi buffi e soavi (un ippopotamo goffo e burlone) immersi in una foresta di lampadine a intermittenza che costruirà nella loro casa. Questa atmosfera di gioia e condivisione nutrita dai più nobili intenti del cuore, daranno a Elena la forza di sconfiggere la malattia.
Una fiaba a lieto fine, dunque, narrata con garbo e dolcezza infinita. Ma anche una storia resa fisica e ludica da un metaforico caleidoscopio di briosi acrobatismi, ammalianti giochi di prestigio, adorabili giocolerie, poetiche clownerie che sfociano talora nel teatro musical danzante.
Negli intenti dei due performer il corpo è segno tangibile e pulsante della vicenda, trascendendo a volte la parola stessa. La voce, invece, trascolora nelle infinite immagini che riesce ad evocare, e talvolta si estrania.
La Bittencourt è una candida ed eterea Biancaneve dalla cadenza brasiliana. Meeuwsen è un sorta di guizzante folletto dei boschi, un personaggio multi-sfaccettato in grado di mutar continuamente forma toni e carattere. I due artisti recitano in italiano, una lodevole impresa.