Nel 500° anniversario della morte di Leonardo Da Vinci, la No Gravity Dance Company di Emiliano Pellisari dedica al genio toscano la stupefacente coreografia, acrobatico illusionistica, Leonardo. Il debutto al teatro Biondo di Palermo venerdì 27 dicembre. Resterà in scena fino al 6 gennaio 2020, repliche anche il 1 gennaio.
Balletto dell’immaginifico, esempio vivido di teatro delle meraviglie rinascimentale, questo il Leonardo di Emiliano Pellisari per la NoGravity Dance Company. Arte in movimento come pura e sorprendente bellezza estatica. Leonardo è un gioco di percezioni e illusionismi che rapiscono.
In quattordici movimenti altrettanti tableaux vivants, narrazioni e allegorie d’arte e d’ingegno leonardesco. Nel buio di fondo del palcoscenico, il susseguirsi armonico di mistiche visioni, onirici riflessi e mitiche raffigurazioni. Il tutto nella perpetrata trascendenza dei corpi di sei splendidi giovani prestanti danzatori.
Nel avvicendarsi della danza: la bellezza classica accademica ed il vigore aereo e sinuoso dell’acrobatismo. A sostenerla, una selezione di musiche tardo medioevali e rinascimentali registrate dalla No Gravity ensemble presso lo studio Pellisari, diretta dal maestro Testolin.
Una raggiera di telamoni, recanti grandi sfere di marmo, per mezzo di movimenti accurati, lenti e solenni, si compone e scompone in suggestioni architettoniche. A tale solidità materica sfuggono, energiche e leggiadre, acqua ed aria. Esse si rincorrono, con un effetto slow motion, nel chiarore sospeso di un candido fascio di luce che le abbraccia e sospinge.
Nella Vergine annunciata, l’unica autentica figura di donna a calcare la scena. Candida, riverente, quanto mai attoriale. Nell’opera che la ispira, l’Annunciazione, un eclatante errore pittorico di prospettiva. Un espediente per il Pellisari onde sottolineare la natura terrena di Maria. Dal suo leggio di marmo, lo sgorgare fluido delle moderne intuizioni leonardesche. Con lo spirito inseminatore dell’arcangelo Gabriele, dalla avvenenza bruna, il primo prototipo d’ali dell’umanità.
Serpentine poltrone Palton in sottili giochi di equilibrio e rotazione si tramutano in infiorescenze e simboli cristologici. Nella primavera, invece, armoniche sagome arboree oscillano e si piegano, tra entrechat six e lunghe falcate, al delicato librarsi d’uno zefiro dalla ampissima gonna a campana.
Come in purpurei affreschi pompeiani, si stagliano sul fondo scena, al battagliare di percussioni, uomini dalle teste equine cavalcati da invasate baccanti. Ad esso si contrappone, il riflesso allo specchio, uguale e diverso, concavo e convesso, della femminilità dissimulata e fascinosa.
Con le Metamorfosi botaniche di mascolini ninfei, eco dell’omonimo poetico testo di Ovidio, la sovrumanità in divenire del mutamento. Vi succede il fondersi nervoso d’atomi ed il respingersi di neutroni e protoni. Nell’azzurrognolo d’un ingrandimento, larghe gorgiere inanellano visi puntuti e braccia dalle movenze spigolose.
Al soave non detto della Monna Lisa, il balletto regala la molteplicità del femminile nonché le sue innumerevoli implicazioni. Donne che da un unico corpo, semplice involucro, si ergono e fluttuanti si manifestano. Nell’insoluto fulgido della Gioconda un gentil gesto, privo di collo, di volto e d’espressione.
A chiudere lo spettacolo, una cerulea Madonna addolorata. Ella, abbandonata l’ormai affranta ombra del suo corpo terreno, s’invola in spirito verso l’aureo sacrificio del biondo diletto figlio. Insieme danzano, anime beate nell’aria rarefatta, componendosi in un ultima struggente pietà.
Segue l’uomo vitruviano la cui plastica ed estesa bellezza muscolare, è carezzata dalla grazia ludica del firmamento ed inscritta nella potenza generatrice del cosmo. Alla biblica narrazione dell’ultima cena, Pellisari coniuga una istallazione semovente di corpi che, trasversali o calanti dall’alto, solcano prepotenti l’imprescindibile linearità d’un tavola. L’ultimo atto sociale del Cristo, tra bocche anelanti l’estrema salvezza e le fauci digrignate di colui il quale, silenzioso, tradisce.
Leonardo, può ben dirsi lo spettacolo di punta della stagione 2019-2020 del teatro Biondo, nell’era Villoresi. Una preziosissima ed imperdibile messa in scena a cavallo dei due decenni. Il pubblico dapprima titubante, riguardo una così complessa e insolita performance, mostra infine di gradire. Ai sei danzatori della compagnia, finalmente sul proscenio ed in abiti da cortigiani quattrocenteschi, è finalmente tributato un meritato, caloroso, applauso.