Un lutto terribile che lascia attoniti e addolorati. Laura Nobile voce dolcissima ed autorevole delle pagine di spettacolo su Repubblica è spirata stamane. Lo staff di Verve, nel cordoglio generale, desidera ricordarla con affetto leggiadro e autentico.
Dolce, altruista, spontanea, socievole: questi gli aggettivi giusti per descrivere Laura Nobile. Giornalista colta, curiosa e vivace della pagina culturale di Repubblica, Laura ha vissuto d’intensità e bellezza tra le sale ed i backstage dei grandi teatri siciliani.
Sofferenze e malattie l’avevano segnata e desideravano spaventarla, frenare la sua corsa incontro ai molteplici diletti dell’arte, dello spettacolo e del folklore. Ma lei, piccola tenera donna indomita, rigettava l’idea dell’impasse, dello sbarramento, dell’impossibilità e, difendendo strenuamente le sue doti, continuava a dar del suo meglio nel gioco inesplicabile dell’esistenza. Lo sgambetto della vita è giunto stamane, 14 luglio 2018, cogliendola a soli 47 anni.
Laura Nobile lascia dietro di sé il ricordo di una persona speciale, dall’impagabile sensibilità. E se è vero che “chi semina vento raccoglie tempesta”, è altrettanto vero che Laura nella sua vita è riuscita a seminare delicati lembi di cielo azzurro, profusisi in stralci d’arcobaleno dai vividi colori.
Ricordo quando, umilmente e in punta di piedi, iniziai ad inserirmi ed interagire come critico nel poliedrico e cangiante mondo teatrale e culturale palermitano. Immaginate un ventinovenne timidissimo, che desidera con tutte le sue forze far critica teatrale. Ebbene, nel vortice di quelle mie “prime volte”, tra conferenze stampa, presentazioni, tavole rotonde e spettacoli ebbi la fortuna di incontrare due signore, due esperte del mestiere.
Sedevano sempre una accanto all’altra. Tra di loro si percepiva, autentica, un’amicizia. L’istrionica e vulcanica Simonetta Trovato e la soave e dotta Laura Nobile mi presero in simpatia. Le conobbi e mi ritrovai due guide, come due fatine, al mio fianco. Due professioniste pronte a condividere con me qualcosa del loro sapere, solo per il delizioso piacere di sostenere un nuovo amico, magari futuro collega. Due persone che, mai, mi han fatto sentire inferiore.
Ricordo Laura, sorridente ed ammirata, chiedere all’étoile della Scala e del Bolshoi Svetlana Zakharova (a Palermo per Giselle, lo scorso luglio) di scattare una foto insieme. Se oggi anch’io posso sfoggiare una fotografia abbracciato alla celebre ballerina lo devo a Laura che, scavalcando l’emozione che impietriva, mi convinse a mettermi in posa e ad approfittare del privilegiato momento.
La Zakharova si dimostrò molto gentile e disponibile, ma questo non bastò a quietare animi isterici e superbi. Ci rimproverarono, dissero a Laura Nobile che il suo comportamento non era professionale e che creava imbarazzo. Laura diede una risposta che non dimenticherò mai.
Ogni scatto, ogni istante vissuto, ogni azione fatta è importante! Ogni occasione va colta, perché non è detto che si ripresenti in futuro. Questa è la mia vita, sono i miei ricordi. Voglio che abbiano sempre un valore.
Ricordo Laura serena nel suo bisogno di esternare, comunicare e condividere col prossimo. Come quella volta al teatro Biondo quando fu rapita dallo spettacolo Bianco su Bianco, nella sua narrazione poetica di un’amore che sconfigge anche una turpe malattia.
Volle conoscere i due attori, la brasiliana Helena Bittencourt e l’olandese Goos Meeuwsen. Mi fece segno di seguirla. Parlammo con loro dello spettacolo e del bel successo riscosso nelle varie repliche. Poi Laura, domandando della natura della malattia di cui lo spettacolo si fa carico (mai nominata ma verosimilmente un tumore), decise di aprire il suo cuore a quei due deliziosi artisti. Raccontò loro del male che già la attanagliava. Sperimentò la condivisione liberatoria. Una sorta di riflesso dell’esperienza teatrale, percepita nel profondo e poi esperita in termini personalissimi psicologicamente terapeutici.
Ricordo Laura Nobile, cara e ironica, sorridere e inventare strane scuse, alle veementi correzioni della Trovato quella volta in cui, entrambi, sbagliammo un dettaglio in un articolo sull’Opera “Le Streghe di Venezia” di Phillip Glass. La ricordo, gentilissima, farmi i complimenti per alcune recensioni, darmi consigli di stile e segnalarmi qualche termine incorretto. La ricordo spronarmi a cercare sempre qualcosa di meglio, andare al di là del mio piccolo ideale giardino.
Compagnia piacevolissima, divertente e affiatata per un caffè informale, così come per i ben più ufficiali ed eleganti buffet post debutto al teatro Massimo. L’ultima prova di coraggio l’anno scorso, di questi tempi, per la cronaca consueta dell’adorato Festino di Santa Rosalia.
A nulla valsero le rimostranze dell’amica Simonetta: “é massacrante, sei debilitata, dovresti evitarlo“. Laura riuscì a portare a termine il suo lavoro. Ebbe persino modo di parlare con l’arcivescovo Lorefice, metterlo al corrente della sua malattia e riceverne una benedizione.
Immenso era il piacere nel vederla apparire, con un saluto o un cuoricino, tra le conversazioni di Messenger e di Whatsapp alla sera. E restare lì a chattare, di eventi, di prospettive, di sogni. Sentire un’amica, semplicemente.
Ti abbraccio, Laura dolcissima. Ho tanto pianto, anche solo scrivendo questo pezzo. Ti penserò sempre con affetto. Che la terra ti sia lieve, ed il cielo terso, luminoso e fresco per volare, spirito libero e armonioso.
La camera ardente è allestita all’ospedale Civico, i funerali si svolgeranno lunedì alle 11,30 al cimitero di Santa Maria di Gesù