Italia, 2017 – di Vincenzo Alfieri con Lino Guanciale, Vincenzo Alfieri, Sara Tancredi, Miriam Candurro, Tommaso Ragno, Antonella Attili, Biagio Izzo, Francesco Paolantoni
Reduce dal successo della sua web series Forse sono io (e già nel fiacco Niente può fermarci si distingueva da attore), Alfieri è autore del soggetto nonché del copione scritto a dieci mani (ma pure del rivedibile montaggio) di questo suo esordio nel lungometraggio, che lo vede anche protagonista con Guanciale (faccia irresistibile tra Santamaria e Morelli, attivo tra cine e tv) di una presa in giro dei film di supereroi evidentemente debitrice di Lo chiamavano Jeeg Robot (e Smetto quando voglio, Song ’e Napule…) e intenzionata – vedi il finale con Maria Pia Calzone – a farsi saga.
In una Napoli “smorzata” si muovono i fratelli romani Fabrizio, avvocato “sepolto” nell’archivio del tribunale, e Massimo, operaio in un cantiere irregolare. Si occupano dell’irrequieta sorellina Chiara (Tancredi) e scontano le conseguenze (in termini di economia e popolarità) di una truffa immobiliare perpetrata dalla madre. Un giorno il manovale coinvolge l’altro nel “furto” dei suoi stipendi arretrati, creando involontariamente un caso mediatico: infatti, durante il maldestro colpo saltano fuori i passaporti dei lavoratori ricattati dal losco capo albanese (Ragno)…
Una specie di succedaneo di Kick-Ass (qui i “paladini” sono detti I Demolitori), con scene di scontro approssimative e non sempre giustificate ed errori di logica (perché ci sono documenti in un ufficio sotto sequestro? E quello “rivelatore” non doveva già essere bucherellato?). Per fortuna a salvare la baracca (e a divertirsi) ci sono i veterani Attili, Izzo, Paolantoni e Mahieux.