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47 metri: la recensione. Gli squali protagonisti dell’horror di J. Roberts

Due ragazze rimangono intrappolate sott’acqua all’interno di una gabbia per ammirare la fauna marina. A far loro compagnia dei poco socievoli squali. Abbiamo visto e recensito per voi l’horror movie 47 metri

47 Meters Down, GB, 2017  di Johannes Roberts con Mandy Moore, Claire Holt, Matthew Modine, Yani Gellman, Santiago Segura, Chris Johnson, Mayra Juárez, Áxel Mansilla

47 metriGli squali continuano a esercitare un particolare fascino nel cinema horror, ed esempi recenti come l’australiano Shark e soprattutto il valido Paradise Beach – Dentro l’incubo ne sono la prova concreta. D’altronde, perfino il dittico di serie B formato da Open Water e Alla deriva conobbe, una dozzina d’anni fa, un relativo successo. Dunque, perché non rilanciare di tanto in tanto?

Partendo dal presupposto che il regista di 47 metri Johannes Roberts con il suo The Other Side of the Door nel 2016 tutto sommato non aveva creato grossi danni al genere, questo nuovo soggetto, con la sua voglia di giocare al rialzo, poteva anche intrigare: due sorelle (Mandy Moore – che non canta – e Claire Holt), l’una scottata da una storia finita male e ossessivamente prudente, l’altra dotata di esagerata intraprendenza, durante una vacanza messicana decidono di immergersi nell’oceano all’interno di una gabbia per fotografare la fauna marina in sicurezza; ma il verricello che le collega alla barca che le ha portate al largo si rompe, le comunicazioni si bloccano, le malcapitate precipitano alla profondità indicata dal titolo, intrappolate e con una limitata quantità di ossigeno nelle bombole, senza contare l’esposizione ai poco socievoli predatori acquatici che erano andate ad ammirare.

Claustrofobico, vero? Però molto è stato già visto, perfino l’annoiato “capitano” interpretato dal redivivo Modine. In difesa si può aggiungere che lo script sfoggia una sua precisione e che il finale sa smarcarsi dalla consunta prevedibilità.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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